“Se Martone “illustra” bene non da meno risulta la concertazione di Marco Armiliato, che ha un bel passo teatrale, di forte intensità nel disegnare le grandi scene di massa ed esaltando i contrasti dinamici. Da un lato abbandoni melodici ed effusioni sentimentali, come nei duetti Chénier-Maddalena del secondo quadro (la morbidezza degli archi nel preparare la scena carica di aspettative) e quello del quarto (le viole dell’andantino che rinnovano il motivo della “mamma morta”), dall’altra una tensione drammatica efficace, come in quella sospensione orchestrale in attesa della sentenza poi seguita dal violento shock in fortissimo che chiude il terzo quadro o come nei lugubri ed ostinati accordi che descrivono il clima dolente e claustrofobico della prigione. La concertazione riesce precisa nell’agogica, sottolinea i segni di espressione, tanto opportuni per dar modo ai cantanti di insufflare umanissima vitalità nei rispettivi personaggi. Armiliato fa anche un grande lavoro sullo strumentale, dando rilievo, ad esempio, ai motivi musicali rivoluzionari: Ça ira, la Marsigliese, la Carmagnola, che con il loro ritmo travolgente di movimento popolare spazzano via quelli gentili, delicati e un po’ ammuffiti dell’aristocrazia: gavotte e minuetti. Poi è attento alla leggerezza degli archi che contrastano con le esplosioni a tutta orchestra, vedi il grandioso ed enfatico presto, con corni e trombe squillanti, che chiude l’episodio del ferimento di Gèrard. Risulta, in definitiva, elegante nel primo quadro, ansioso e sin febbricitante nel secondo, dipinge con verità drammatica il terzo ed il quarto ma senza eccedere in ipertrofismo sonoro.”
(Ugo Malasoma, OperaClick)